L’Amministratore risponde ai vostri quesiti

 

Danni nel condominio: Responsabilità e Risarcimenti

Quali sono i danni di cui può essere responsabile il condominio?
Questi sono alcuni esempi di danni alla proprietà esclusiva:

– infiltrazioni di acqua piovana dal tetto (è d’obbligo ricordare che l’assicurazione non paga il danno occorso a tappezzerie, mobili ecc., che si trovino nell’appartamento oggetto di infiltrazione. E opportuno pertanto che i condomini non tergiversino nella riparazione giacché saranno tutti chiamati in solido non solo al saldo delle spese sostenute pe r la riparazione del tetto ma anche di quelle sostenute dal condomino o inquilino per il ripristino delle tappezzerie, delle pitture alle pareti, dell’integrità del mobilio ecc.);

– infiltrazioni da condutture verticali;

– infiltrazioni da pozzetti o fosse biologiche;

– infiltrazioni da solaio sottostante alla terrazza di copertura, ancorché di proprietà esclusiva del proprietario dell’ultimo piano (giacché le spese di manutenzione del solaio competono sia al proprietario esclusivo che al condominio – Corte d’Appello di Napoli 2.2.1965).

Come è possibile farsi ripagare per il danno subito?
Ciascun condomino può agire contro il condominio (articoli 2043 e 2051 c.c.) quando la cosa di proprietà comune ha causato un danno alla sua proprietà esclusiva. Il condomino danneggiato dalla cattiva esecuzione di lavori sulle parti comuni si può rivalere soltanto sulla ditta che li ha eseguiti (Trib. Torino 26.6.1961).

Che cosa bisogna fare per evitare guai?
Un sistema per preservare dai guai il condominio è stipulare una polizza assicurativa. Solitamente nota con il nome di globale fabbricati, dovrebbe comprendere, indicativamente:

– l’incendio;

– la responsabilità civile verso terzi;

– il rimborso dei danni causati da: perdite d’acqua, sia da impianti di pertinenza condominiale che da impianti di proprietà del singolo condominio (si evitano così litigi e contenziosi giudiziari tra condomini per danni a tappezzerie, soffitti ecc.), caduta neve, eventi straordinari (esempio il vento).

Potrebbe essere utile, per i condomini di elevate dimensioni, stipulare la polizza ricerca guasti.

 

Facciata e balconi di condominio: spese e manutenzione

Come si suddividono le spese per la facciata?
La facciata costituisce una parte comune condominiale destinata al decoro dell’intero edificio. Pertanto, tutti i condomini, anche quello proprietario di un appartamento interrato o di un box, sono tenuti a contribuire alla relativa spesa in base ai millesimi di proprietà.

A chi compete la spesa per la manutenzione dei balconi?
Il balcone è dì proprietà individuale, in quanto la sua superficie è accessoria all’appartamento. Le spese relative alla verniciatura delle balconate in ferro o la parte interna del balcone in muratura spettano al proprietario in relazione alle circostanze che le opere possono configurarsi di ordinaria manutenzione. Invece, nell’ipotesi di opere di piccola manutenzione, dipendenti dall’uso il relativo onere compete all’inquilino (art. 1609 c.c.). La materia è suscettibile di accordo tra le parti. Ad esempio nel dubbio che trattasi di ordinaria manutenzione ovvero di piccola manutenzione il 50 per cento della spesa può porsi a carico del proprietario e il 50 per cento a carico dell’inquilino.

Il negozio deve corrispondere le spese per il rifacimento dei balconi del condominio?
Il proprietario del negozio normalmente non deve pagare le spese inerenti al rifacimento dei balconi. Nel caso in cui i balconi siano sul fronte strada e rivestano pregio architettonico per l’intera facciata allora anche il proprietario del negozio dovrà corrispondere una quota per le relative spese. L’eventuale spesa per il rifacimento delle opere esterne dovrà essere ripartita tra tutti i condomini come confermato dalla Corte di Cassazione sentenza n. 5438 del 13.12.1977 e n. 176 del 15.1.1986., dalla Pretura di Roma (sentenza 18.12.1978, causa Recchi-condominio) e dal Tribunale dì Torino (sentenza n. 4948 del 22.10.1986).

Come si ripartiscono le spese per il ponteggio?
Se il ponteggio viene installato esclusivamente per il rifacimento dei balconi, i costi possono essere suddivisi seguendo i criteri di riparto delle spese della scala. Se il ponteggio viene installato per il rifacimento della facciata, la spesa va ripartita per quote millesimali di proprietà.

Può un condomino modificare la facciata dell’edificio?
Le strutture esterne danno il loro contributo alla formazione dell’aspetto estetico dell’edificio: in pratica sono al servizio della facciata e ne seguono le sorti. Perciò il singolo proprietario non potrà alterarne in alcun modo la conformazione perché la modifica di un bene comune, come è ritenuto il decoro architettonico, è una attività illegittima (art 1102 c.c.). Anche i frontalini dei balconi, sono considerati dalla maggior parte dei magistrati un prolungamento della facciata e quindi appartenenti alla sfera delle parti comuni.

A chi spetta l’azione legale in caso di lesioni al decoro estetico-architettonico?
La legittimazione attiva in caso di lesione al decoro estetico dell’edificio spetta sia all’amministratore, sia ai singoli condomini che hanno facoltà di promuovere auto­nomamente il giudizio, soprattutto nel caso di lesione alla proprietà singola.

Domanda di un utente: “Vivo in condominio e ho montato tende da sole. Il colore è uguale a quelle dei 2 condomini che avevano installato le tenda prima di me. L’unica cosa che differisce è il colore dell’intelaiatura metallica a sostegno della tenda: la mia è bianca e la loro è nera. Premetto che l’amministratrice, dopo che i due inquilini avevano montato la loro tenda con relativa struttura nera, aveva inviato una lettera a tutti i condomini invitandoci a rendere omogenea l’estetica dell’edificio senza però specificare il colore e la foggia della tenda da adottare, il modello e le caratteristiche della struttura. A tale proposito faccio presente che, a parte generiche raccomandazioni, non è stato mai deliberato alcun regolamento condominiale che disciplini l’installazione delle tende da sole per tipologia, posizione, tessuto e forma. Inoltre faccio presente che altri inquilini hanno montato sul proprio balcone strutture in legno senza consultare l’assemblea condominiale. Situazione analoga è avvenuta per le grate: non tutti i condomini hanno montato la stessa tipologia. Sono stato contattato qualche giorno fa dall’amministratrice che mi ha riportato le lamentele di diversi condomini sulla mia scelta di adottare un colore della struttura a sostegno delle tende diverso e mi ha invitato a rimuovere il tutto. Avremo una riunione condominiale in cui si discuterà anche di tende. Secondo voi mi devo adeguare agli altri due condomini che hanno la struttura nera o posso far valere la mia posizione?”
Premesso che il decoro architettonico dell’edificio è un bene tutelato anche in assenza di esplicite previsioni nel regolamento condominiale va osservato che per una corretta valutazione del caso occorrerebbe esaminare in concreto lo stato dei luoghi. Più volte infatti la giurisprudenza di legittimità ha ricordato che nel valutare la lesività di un nuovo intervento devono essere tenute presenti le condizioni in cui l’edificio si trovava prima dell’esecuzione delle opere contestate, con la conseguenza che una modifica non può essere ritenuta pregiudizievole del decoro architettonico se apportata ad un edificio la cui estetica era stata già menomata a seguito di precedenti lavori ovvero che sia di mediocre livello architettonico. Quanto al caso sottoposto si può parlare di lesione del decoro solo se le strutture di colore bianco costituiscano una rottura dell’armonia cromatica della facciata, visibile ovviamente dall’esterno.

 

I condomini: diritti e doveri

Quali sono i diritti dei condòmini?
L’art. 1118 del c.c. recita: “Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni dell’edificio è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti. Questo significa, come afferma l’art. 1102 c.c., che ciascun condomino può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri aventi diritto di farne parimenti uso. A tal fine può apportare a proprie spese le modifiche che ritiene necessarie per il miglior godimento della cosa.

Quali sono i doveri dei condòmini?
“Il condomino non può rinunziare al diritto sulle cose comuni per sottrarsi al contributo delle spese per la loro conservazione”, dice l’art. 1118 c.c. Se, però, tutti i condomini accettano la rinunzia o alcuni dì essi se ne accollano le spese di conservazione, la rinunzia è valida (App. Lecce 30.1.1964). Il condomino non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri condomini, se prima non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso (art. 1102 c.c.).

Quali sono i divieti posti ai condòmini?
Ciascun condomino, nel piano o porzione di piano di sua proprietà non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni dell’edificio (art. 1122 c.c.) o che limitino il godimento comune (art. 1118 c.c.). Questo divieto vale anche se si è in presenza di un danno funzionale, estetico (Cassazione n. 3872 18.11.1975) e igienico (Cassazione n. 2543 del 7.7.1976). Il Codice civile, all’art. 844, vieta inoltre le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi (l’organo preposto alla verifica delle immissioni è l’Ufficio di Igiene Pubblica). Il Codice penale vieta anche qualunque schiamazzo notturno (per un intervento immediato ci si può rivolgere alla polizia o ai carabinieri). È tra l’altro vietato al condomino:

– trasformare stabilmente il proprio balcone in una veranda chiusa, che leda il decoro dell’edificio (Cassazione n. 1587 del 23/5/72).
– utilizzare l’androne comune, dal quale si accede al magazzino, per il carico e lo scarico abituale delle merci (Tribunale di Napoli 7.9.1962).

 

Il proprietario e l’inquilino – suddivisione spese

Come si suddividono le spese condominiali tra proprietario e inquilino?
La legge sul l’equo canone – n. 392 del 1978 – stabilisce all’art. 9 tutti gli oneri che competono all’inquilino. Esso prevede, a titolo solo elencativo, la serie di servizi a carico del conduttore, salvo patto contrario (pulizia, ascensore, acqua, energia elettrica, riscaldamento ecc.). A tali spese sono da aggiungere, per esempio, le spese per l’antenna televisiva comune, per il citofono, per la fognatura. In linea generale, in virtù di tale art. 9 sono a carico del conduttore (oltre alle spese di piccola riparazione proprie della unità locata) spese condominiali di manutenzione ordinaria.

L’art. 1576 del Codice civile dichiara inoltre: “Il proprietario deve eseguire, durante la locazione, tulle le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico dell’inquilino. Se si tratta di cose mobili, le spese di conservazione e di ordinaria manutenzione sono, salvo patto contrario, a carico dell’inquilino.

L’art. 1609 c.c. recita altresì: le riparazioni di piccola manutenzione, che a norma dell’art. 1576 devono essere eseguite dall’inquilino a sue spese, sono quelle dipendenti da deterioramenti prodotti dall’uso e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito o dall’uso (vetri rotti, tinteggiatura interna, sostituzione maniglie, lampadine, campanelli, riparazione citofoni e cassette postali, ecc). La disciplina legale va poi integrata in base agli usi locali e agli accordi associativi di categoria. Questi accordi vincolano solo i conduttori e locatori iscritti alle rispettive associazioni, firmatarie dell’accordo.

Chi paga il compenso all’amministratore?
È una materia abbastanza controversa. A parere di molti è il locatore ad essere il diretto interessato all’attività di amministrazione e quindi anche il mandante, e non il conduttore, per il quale l’attività non si pone su un piano di diretta utilità e fruizione. Per altri, invece, poiché l’amministrazione va anche a vantaggio dell’inquilino, è quest’ultimo a doversi sobbarcare in tuffo o in parte l’onere delle spese per l’amministratore. In difetto quindi di diversa previsione contrattuale, il compenso all’amministratore e tutte le spese di amministrazione condominiale sono a carico del proprietario-condomino. E’ preferibile regolare quest’ambito di questioni con apposite clausole contrattuali tra l’inquilino e il proprietario.

E’ giusto incrementare il canone in caso di interventi straordinari?
Quando vengono effettuate opere di straordinaria manutenzione, come l’installazione di nuovi impianti (ascensore) o la sostituzione dei vecchi, il proprietario condomino può aumentare il canone annuo in misura pari all’interesse legale delle spese sostenute. Tuttavia, vi sono Sentenze che negano tale aumento per i contratti liberi.

 

Rapporti tra condomini: posto auto, rumori, animali.

E’ possibile disciplinare il tempo di gioco dei bambini?
La Cassazione (sentenza n. 4479 del 8.7.1981) ha stabilito che per autorizzare o regolamentare la permanenza (e gli inevitabili schiamazzi) dei bambini negli spazi comuni l’assemblea può deliberare a maggioranza semplice.

Come comportarsi se ci sono impianti rumorosi?
Gli impianti condominiali non devono causare una rumorosità superiore al minimo tollerabile, indicato dal Regolamento d’Igiene del Comune. Quando si è in presenza di un impianto rumoroso, per esempio quello idrico, occorre rivolgersi all’Ufficio di Igiene affinché, accerti il livello dei rumori. Se questi superano la soglia critica, si dovrà intimare all’amministratore la realizzazione degli interventi per insonorizzare l’impianto.

Come gestire la presenza di animali nel condominio?
Se il regolamento condominiale vieta la presenza di animali nel condominio, l’amministratore si deve adoperare affinché, la clausola contrattuale venga rispettata da tutti i condomini. I condomini infatti possono imporre di non tenere il cane dentro l’appartamento.

Attenzione però: solo un regolamento condominiale di tipo contrattuale può proibire la detenzione di animali (Tribunale di Piacenza, sentenza del 10.4.1990). Una semplice delibera o un regolamento convenzionale, pertanto, non bastano. Naturalmente, secondo la stessa sentenza non devono mai essere superati i limiti di normale tollerabilità (come stabilisce l’art. 844 c.c.).

Che cosa si può fare se i condomini posteggiano la loro auto fuori posto?
Occorre chiedere all’amministratore la convocazione di apposita assemblea per dirimere la questione. Nel caso in cui questa andasse deserta oppure non ci fosse alcuna decisione si può ricorrere all’autorità giudiziaria per conseguire la rimozione coatta delle autovetture abusivamente parcheggiate.

Se l’amministrazione del condominio viene effettuata a rotazione, è consentito rifiutare?
L’incarico di amministratore non può essere imposto dagli altri condomini. Pertanto è nel diritto di ciascun condomino non accettare di svolgere tale compito.

Domanda di un utente: “La famiglia del piano sopra il mio tutto il giorno disturba con sbattimenti di porte e finestre, spostamenti di mobili. In piu il loro bambino gioca con la palla sbattendola continuamente sul pavimento. Ho parlato con la famiglia chiedendo in modo civile di fare meno rumore, ma mi è stato risposto che un bimbo ha diritto di giocare. Posso rivolgermi al giudice di pace, e se si quale è la procedura per contattarlo?”
In mancanza di disposizioni contenute nel regolamento di condominio in ordine alla immissione di rumori provenienti, come nel caso, dall’appartamento soprastante, causati da spostamento di mobili, sbattimento finestre e da giuochi di un bambino di due anni, si deve fare riferimento all’art. 844 del c.c. in cui si stabilisce che questi rumori sono vietati se superano la normale tollerabilità e avvengono in ore dedicate al riposo, sia notturne che diurne (dalle 14 alle 16 e dopo le 24) . Per prassi il rumore diventa intollerabile quando supera di tre decibel il rumore di fondo dell’ambiente. Dopo avere diffidato il disturbatore al rispetto delle norme si può adire il Giudice di Pace avendo preventivamente raccolto le prove, sia tecniche che testimoniali, dell’intollerabilità del rumore.

Domanda di un utente: “Abito al piano terra di una palazzina di 6 appartamenti. Una persona anziana non ha posto auto, un condomino ne ha due e gli altri quattro ne hanno uno a testa. Stiamo ristrutturando la pavimentazione del cortile e in questo frangente tre condomini hanno “deciso” di chiedere alla ditta che si occupa del lavoro di ristrutturazione di effettuare anche una tettoia sui posti auto. Considerando che, la costruzione di questa tettoia non è stata deliberata in assemblea e che parlando in modo ufficioso avevo già dichiarato di essere contraria alla sua costruzione chiedo se questi tre condomini possono decidere di costruirla ugualmente esclusivamente sui loro posti auto. La loro motivazione è la presenza di un bellissimo e grandissimo abete i cui aghi e la cui resina purtroppo sporca le auto (ma l’abete c’era anche quando hanno comprato casa e posto auto). La mia opposizione nasce dal fatto che il grandissimo e bellissimo abete mi toglie già un bel pò di luce e la costruzione anche di una tettoia proprio di fronte alla mia finestra (abito al pian terreno) mi costringerebbe a tenere la luce accesa anche in periodi del giorno in cui potrei evitarlo. Possono costruire comunque questa tettoia escludendo il mio posto auto (che peraltro è laterale) togliendomi la luce?”
In ipotesi di controversia tra condomini si devono sempre prendere in considerazione le diverse esigenze in modo da contemperare gli interessi dei proprietari che vivono in un unico edificio. La tettoia, quindi, sui posti macchina può essere installata quando è necessaria a riparare l’auto da agenti atmosferici e/o dalla resina o dagli aghi dell’albero, ma nel contempo la copertura non può comprimere il diritto alla luce e/o veduta di altro condomino.

Domanda di un utente: “Vivo in un condominio composto da 5 piani; risiedo al primo e da un pò di tempo gli inquilini che abitano ai piani superiori della mia facciata si comportano non proprio civilmente! Fuori,sul balcone dove mia moglie stende i panni, il giorno dopo vi ritrova schifezze di ogni tipo (molliche di pane, capelli, cenere di sigarette etc.). Naturalmente, del fatto che si ripete quasi quotidianamente, ho messo al corrente l’amministratore il quale ha emesso un comunicato per inibire tale attività. Purtroppo ciò non è bastato, dopo una piccola pausa, tutto è ricominciato come prima, anzi, oltre alle solite schifezze abbiamo constatato che alcuni capi messi ad asciugare la notte, il mattino dopo presentavano dei buchi bruciacchiati dovuti a delle cicche di sigarette, non spente, buttate sul nostro balcone. Come mi devo comportare avendo subito un danno materiale? Rivolgermi di nuovo all’amministratore o ai carabinieri per una eventuale denuncia?”
Nell’ambito di un condominio tutti i condomini devono tenere rapporti di buon vicinato al fine di evitare disturbo o comportamenti che possano nuocere o creare molestia agli altri condomini. Conseguentemente nell’ipotesi in cui un condomino attui dei comportamenti così come descritti nel quesito è possibile ricorrere all’autorità giudiziaria per ottenere non solo che la molestia venga a cessare ma anche richiedere un risarcimento del danno. Prossimamente sarà necessario ricorrere preventivamente alla camera di conciliazione.

Domanda di un utente: “Il giardino della nostra casa di recente acquisto confina con altra proprietà privata. All’interno del giardino del vicino, lungo il muro di confine sono poste diverse piante di edera, risalenti probabilmente a molti anni or sono, che hanno raggiunto uno sviluppo abnorme (i fusti sono ormai assimilabili a tronchi di albero). Il proprietario del giardino confinante ha curato nel tempo la manutenzione delle piante esclusivamente all’interno della sua proprietà, trascurando di “educare” e potare le stesse per la parte esterna. Tale negligenza ha determinato la crescita incontrollata dei rami che oggi presentano uno spessore di notevoli dimensioni ed hanno invaso l’area di nostra pertinenza per una profondità di oltre 50 centimetri. In tal modo ci troviamo di fatto impossibilitati a poter utilizzare lo spazio destinato all’impianto di una nostra siepe o di eventuali altre piante ornamentali. Il proprietario del terreno confinante ha impedito con toni aggressivi e minacciosi al nostro giardiniere di procedere alla potatura dell’edera ricadente nel nostro spazio, affermando che non abbiamo alcun diritto di toccare la pianta essendo di sua proprietà come pure il muro di confine. Si fa presente al riguardo che non si ha prova dell’esclusiva proprietà del muro vantata dal vicino e che il groviglio di rami legnosi intrecciati nell’inferriata e ampiamente invasivi della nostra proprietà costituisce un ricettacolo di foglie secche, aghi di pini, sporcizia, nidi di insetti ed altri piccoli animali. Desidereremmo conoscere, nel caso specifico, se possiamo provvedere noi alla potatura della siepe senza incorrere in un illecito, nella consapevolezza che un eventuale nostro intervento di resezione dei rami legnosi comporterebbe la parziale essiccazione delle piante con conseguente diradamento delle ramificazioni e del fitto fogliame delle stesse anche sul versante della proprietà del vicino. E’ vero che la legge attribuisce al proprietario delle piante di confine la manutenzione e la potatura delle stesse? In tal caso, siamo quindi costretti a consentire l’ingresso periodico nella nostra proprietà di un vicino non gradito per inciviltà ed arroganza, o un suo mandatario? Nel caso si rifiuti di provvedere al suo obbligo, di quali strumenti legali possiamo avvalerci per indurre il vicino a provvedere o per provvedere noi stessi in modo autonomo alla cura dell’’ordine, dell’igiene e del decoro nel nostro giardino?”
Un muro che delimita due fondi contigui è di proprietà comune dei confinanti. Discende da ciò che, nelle singole proprietà le piante debbono essere poste ad una distanza di almeno 50 cm dal muro di confine, così come previsto dall’art. 892 del c.c. Se viene violata la suddetta distanza legale le piante possono rimanere se non eccedono la sommità del muro e non invadono l’altrui proprietà. Il proprietario del fondo invaso però può esigere l’estirpazione delle siepi piantante ad una distanza minore da quella indicata nell’art. 892 del c.c., così come, in caso di rifiuto, può fare ricorso all’autorità giudiziaria per ottenere una pronunzia che costringa il vicino al taglio dei rami protesi nel fondo altrui.

Domanda di un utente: “Può un condomino parcheggiare la propria auto nell’area comune e non rimuoverla mai? E’ dall’estate scorsa che nel mio condominio si è verificato questo. Come posso avvalermi dei diritti?”
La condotta di un condomino che occupa stabilmente con la propria macchina una area comune va considerata come un abuso perché impedisce agli altri condomini di partecipare all’utilizzo dello spazio comune ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l’equilibrio tra le facoltà dei restanti condomini. L’assemblea condominiale può, quindi, determinare con la maggioranza prevista dall’art 1138 del codice civile 5 comma le modalità di uso e godimento dell’area comune, tra tutti i condomini, con ciò limitando l’uso esclusivo.

Domanda di un utente: “Abito in un condominio del centro storico di una città, al primo piano del palazzo è attiva una trattoria che utilizza per i fumi della cucina una canna fumaria condominiale che negli ultimi 20 anni non ha subito alcuna manutenzione. La canna fumaria nel suo sviluppo verso il tetto attraversa vari appartamenti compreso il solaio. Tutti gli appartamenti che sono nel percorso della canna fumaria sono invasi da odori sgradevoli di cucina, compreso il solaio di mia proprietà che è calpestabile e utilizzato come ripostiglio. La trattoria è aperta sia a pranzo che a cena con il risultato di emettere odori quasi per tutto l’arco della giornata. Gli odori sono emessi anche verso l’esterno quando la cucina della trattoria tiene aperte le finestre. Il cavedio esterno ha le finestre di vari appartamenti del palazzo e le finestre delle scale condominiali, con il risultato che se le suddette finestre degli appartamenti e delle scale sono aperte gli odori invadono i locali. Vi chiedo se su richiesta all’amministratore del condominio è possibile chiedere un’ispezione interna della canna fumaria per verificare l’integrità delle pareti e impermeabilità alla fuoriuscita degli odori. Per quanto riguarda gli eventuali costi dell’ispezione e delle azioni di ripristino della canna fumaria, come sono ripartiti?”
Dalla lettura del quesito emerge che la trattoria, sita al primo piano del palazzo, sia attiva da moltissimi anni, circostanza questa che lascia intuire che l’installazione della canna fumaria condominiale sia stata a suo tempo autorizzata e regolarmente installata. Le lamentate immissioni di odori sgradevoli che provengono dalla cucina della trattoria sono tutelate dal regolamento condominiale e, in caso di mancanza, dall’art. 844 del c.c. che consente le immissioni purché nell’ambito del limite della normale tollerabilità. La giurisprudenza tende a privilegiare le esigenze personali di vita rispetto alle utilità economiche connesse con le attività commerciali. Nel bilanciamento degli interessi in contrasto assume notevole importanza la valutazione delle condizione dei luoghi, al fine di poter individuare il grado di tollerabilità secondo criteri oggettivi.

Domanda di un utente: “Nel nostro palazzo un condomino ha aperto ufficiosamente uno studio di fisioterapia che vede nell’arco della giornata e fino a tarda serata un via vai di persone che si sottopongono alle varie terapie disponibili. Lo studio è ubicato all’interno dell’abitazione ed è situato all’ultimo piano. Ciò comporta un sensibile aumento dell’uso dell’ascensore e di altri servizi generali. Oltre l’aspetto sicurezza- gente estranea che entra ed esce a tutte le ore dal palazzo, il comportamento del condomino è corretto? Non deve ottenere nessun permesso da ASL/Comune/Enti interessati per il rilascio di eventuali autorizzazioni all’esercizio di siffatta attività? Può il condominio richiedere all’interessato un aumento della sua quota condominiale considerato il maggior uso e consumo della parti e servizi in comune?”
La destinazione dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva assume rilevanza solo in relazione alle prescrizioni del regolamento condominiale. Il divieto previsto nel regolamento, posto a carico del condomino, di destinare la porzione immobiliare ad un certo tipo di attività (ad esempio ambulatorio medico) si traduce in una vera e propria limitazione cosicché la diversa utilizzazione dell’appartamento costituisce un fatto illecito avverso il quale sia il condominio che i singoli condomini possono insorgere facendo ricorso al Giudice di Pace. Le clausole del regolamento di condominio, però, che vietano la destinazione delle singole unità immobiliari allo svolgimento di determinate attività, essendo limitative dei diritti del proprietario, non sono suscettibili di interpretazioni estensive con la conseguenza che, in assenza di apposito divieto, l’attività può essere svolta né è possibile richiedere l’aumento della quota condominiale che è rapportata alle tabelle millesimali in vigore che per essere modificate hanno bisogno della unanimità.

Domanda di un utente: “Nella palazzina dove abito, il figlio del vicino del primo piano ha allestito nella cantina una saletta prove, dove all’incirca tre volte alla settimana, si ritrova con gli amici per suonare. Vengono utilizzati sicuramente una batteria acustica e un basso e una chitarra amplificati. Tale saletta è situata proprio in prossimità della zona notte del mio appartamento. Il rumore prodotto è talvolta assordante ma sempre insopportabile seppur prodotto in orari diurni (la batteria fa vibrare muri e pavimento). Poiché sono intercorsi diversi litigi con i vicini, per cui è ormai inutile procedere con un dialogo civile, quale potrebbe essere la strada più efficace per impedire tale situazione?”
L’art. 844 del Codice civile stabilisce che colui che subisce una immissione dannosa, tra cui il rumore, può agire per ottenere l’inibizione della turbativa, nonché il riconoscimento del risarcimento per danno subito. E’ necessario, però, che detta immissione sonora ecceda i limiti della normale tollerabilità così da provocare una lesione del diritto alla salute, risarcibile e liquidato con il criterio dell’equità dal Giudice di Pace competente a giudicare sulla domanda. Perché la domanda possa trovare accoglimento è necessario dimostrare che i rumori prodotti, sia per intensità che per durata e capacità di propagazione, superino i minimi della normale tollerabilità e sono tali da disturbare il riposo e la normale vita all’interno di un appartamento.

Domanda di un utente: “Anni fa sono stati regolamentati i posti auto nel cortile condominale assegnando un posto auto per ogni condomino con tanto di piantina dello stabile e firme di tutti i condomini. Ora a distanza di parecchi anni un condomino ha occupato il posto a me assegnato con una seconda auto non marciante anche se vietato dalla delibera dell’assemblea del 93. L’amministratore dice che non può fare niente, di cavarmela da solo. Cosa posso fare per riutilizzare il posto a me assegnato?”
Se un condomino occupa il posto auto assegnato nell’area cortilizia ad altro condomino commette un abuso, conseguentemente il condomino assegnatario, se non ottiene la liberazione dello spazio in bonis, dovrà promuovere un giudizio dinanzi all’autorità competente. Nella fattispecie le cause relative alla modalità di uso dei servizi condominiali sono riservate alla competenza per materia del Giudice di Pace. E’ opportuno specificare che la deliberazione di assegnazione ai singoli condomini in via esclusiva e permanente dei posti auto che comporta una divisione del bene comune e può dar luogo ad una usucapione, deve essere presa con il consenso di tutti i condomini, altrimenti può essere dichiarata nulla.

Domanda di un utente: “Con mia grande sorpresa e senza avviso nello stabile dove vivo ho visto alcuni operai tappare definitivamente le porte ai piani dell’ascensore condominiale a favore credo di un solo inquilino residente nell’attico. Mi chiedo se tutto ciò è legale e non abbisogna dell’unanimità del condominio.”
L’art. 1117 del Codice civile comma n.3 prevede espressamente l’ascensore condominiale tra le parti comuni dell’edificio, costituendone parte integrante e non semplice pertinenza. In quanto parte comune è sempre consentito ai singoli condomini l’uso dell’ascensore, con il solo limite che non ne venga alterata la destinazione e non sia impedito agli altri condomini di farne uguale uso secondo il loro diritto. Va precisato che l’ascensore condominiale è di proprietà comune solo quando è installato originariamente nell’edificio all’atto della sua costituzione. Qualora, invece, venga installato successivamente per iniziativa di parte dei condomini, non costituisce proprietà comune, bensì appartiene in proprietà a quei condomini che lo hanno impiantato a loro spese, fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi della innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione dell’impianto ed in quelle di manutenzione. Dunque, se l’ascensore, pur essendo utilizzabile da tutti i condomini, è stato costruito esclusivamente a spese di uno solo di essi, questi ne rimane proprietario esclusivo e solo ad esso spetterà l’uso dell’ascensore fino alla richiesta degli altri di voler partecipare ai vantaggi dello stesso, dovendo questi ultimi in tal caso contribuire alle spese per la sua costruzione e manutenzione.

Domanda di un utente: “Abito in una villetta a schiera di proprietà, sono 14 in linea, si è aperto uno sportello dei contatori Enel per il vento e accidentalmente ha urtato un’auto di un condomino facendo danni per 1300 euro. È stato chiesto i danni a tutti i 14 proprietari, vorrei sapere: è giusto pagare?”
Ciascun condomino ha diritto di essere risarcito dal condominio per i danni subiti dalle cose di cui ha la custodia. La responsabilità è di natura oggettiva essendo sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo. La responsabilità del condominio viene esclusa solo dal caso fortuito e cioè quando il danno non si è verificato per negligenza nel dovere della custodia ma per un evento imprevedibile ed inevitabile, che esclude il nesso di causa tra la cosa in custodia e il danno arrecato.

Domanda di un utente: “Abito in una corte ristrutturata circa 12 anni fa, nella quale sono stati ricavati diversi appartamenti di tipologie diverse una dall’altra; c’è chi ha acquistato monolocali, chi trilocali con giardino e chi una fetta di casa di testa con giardino. Da diverso tempo ci affligge un problema pesante: il tubo principale dell’impianto della rete fognaria è stato rovinato e ostruito dalle radici di una pianta sita nel giardino privato del condomino che ha acquistato la fetta di casa di testa. Ci siamo accorti di questa rottura dopo aver richiesto una video-ispezione tramite personale specializzato dello spurgo fogne. La mia domanda è la seguente: in questo caso le spese per la riparazione del tubo della rete fognaria condominiale sono da ripartire tra tutti i condomini, oppure sono di competenza del proprietario del giardino dove la sua pianta ha causato la rottura? Le piante al momento della consegna degli appartamenti ristrutturati non esistevano, è stata una libera scelta dei singoli condomini piantare siepi e piante ad alto fusto.”
Il proprietario dell’appartamento con giardino ove è sita la pianta, che ha danneggiato la fognatura comune, è responsabile del danno arrecato ed è tenuto al risarcimento di tutti i danni. Su di lui infatti incombe l’obbligo di custodia dei propri beni, previsto dall’art 2051 c.c. Al momento della piantumazione, avrebbe dovuto prevedere, la successiva crescita delle radici e gli eventuali danni che queste avrebbero potuto arrecare. Avrebbe dovuto altresì vigilare, durante la crescita della pianta, che le radici non danneggiassero beni altrui, adoperandosi con il taglio delle stesse o con l’eliminazione dell’albero. Dal quesito non si evince se la fognatura corre nella proprietà individuale o in quella comune. In tale ultimo caso, il solo addentrarsi delle radici nel fondo altrui, è un fatto illegittimo ed il codice riconosce al proprietario del fondo invaso, il diritto di tagliare le radici, anche prima che queste arrechino danno.

 

Riscaldamento nel condominio

Come si suddividono le spese dell’impianto centralizzato?
Sono tre i criteri di equa distribuzione indicati dalla giurisprudenza: riparto secondo i metri cubi riscaldati, secondo le superfici radianti, secondo un principio misto di cubatura e superfici radianti. Con superfici radianti si intendono per esempio la somma del numero di elementi di cui sono composti i caloriferi che riscaldano un appartamento, o la somma dei pannelli radianti. Spesso, alle tabelle millesimali di proprietà sono annesse delle tabelle millesimali per il riscaldamento. E l’amministratore non ha che da rispettarle. Anche le eventuali spese straordinarie, come la sostituzione della caldaia, devono essere ripartite secondo l’uso che ciascuno ne trae, cioè secondo i cosiddetti millesimi-calore.

Comune o autonomo?
C’è una norma che consente la trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti a gas unifamiliari è la legge 10/91, art. 26, che richiama gli interventi descritti all’art. 8 tra cui, alla lettera g, è indicata anche la trasformazione. Per la trasformazione dell’impianto centrale in impianti singoli a gas è sufficiente la maggioranza di 501 millesimi. Se l’assemblea non ha autorizzato con la maggioranza do vuta il distacco, il condomino che voglia autonomamente installare un impianto autonomo deve comunque pagare tutte le spese di riscaldamento, sia di gestione sia di manutenzione. È però nulla, secondo il Tribunale di Roma, sez. III, sentenza n. 3390 del 3 marzo 1993, la deliberazione condominiale di trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento adottata a maggioranza dei millesimi (come consente la suddetta I. 10/91) qualora non sia accompagnata dall’approvazione di un progetto e relativa relazione tecnica di conformità. Ciò a consentire ai condomini dissenzienti di verificare che il sacrificio del loro diritto al mantenimento del servizio comune risponde al la finalità e alle prescrizioni della legge stessa.

Volendo trasformare l’impianto da gasolio a metano, quale maggioranza assembleare è richiesta?
Si deve fare riferimento a quanto dettato dal quinto comma dell’art. 1136 c.c. le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell’art. 1120 c.c. (innovazioni) devono essere approvate con un numero dì voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i 2/3 del valore dell’edificio. L’approvazione può effettuarsi a maggioranza delle quote millesimali se, con relazione tecnica redatta da un professionista abilitato, si riesce a dimostrare che il nuovo impianto consentirà il contenimento dei consumi energetici (art. 26, secondo comma, della legge 10/90).

In un palazzo con impianto molto vetusto e fuori norma, quel è la maggioranza richiesta per passare a un riscaldamento autonomo a gas?
La Corte di cassazione ha chiaramente esposto la differenza esistente tra la disattivazione di un impianto ben funzionante e l’eliminazione del servizio per ragioni tecniche (cattivo funzionamento) o legali. Sulla stessa linea si è mossa la Corte di Appello di Firenze (sentenza del 28 novembre 1984). Se il regolamento contrattuale non stabilisce altrimenti, la maggioranza qualificata è sufficiente per sopprimere l’impianto centralizzato e prevedere alla contestuale installazione dì impianti autonomi.

Cosa può fare il condomino che non fruisce dell’impianto di riscaldamento?
Il condominio che nei mesi invernali non abita nell’appartamento in condominio o usa poco la casa al mare o ai monti ha la possibilità di seguire quattro vie:

– il distacco individuale dall’impianto comune. Per ottenerlo è necessario il consenso (meglio se scritto) di tutti gli altri condomini;
– la trasformazione in impianto autonomo (l’assemblea può deliberarlo con la maggioranza semplice di 501 /1000 – Legge 10/91);
– può concordare l’adozione degli impianti di termoregolazione automatizzati, che, pur mantenendo l’impianto centralizzato, garantiscono la contabilizzazione del consumo di ogni singolo appartamento. Attenzione però ai vincoli imposti dall’assemblea: il Pretore di Civitavecchia (sentenza del 6 dicembre 1978) ha chiarito l’illegittimità della delibera che limita l’accensione del riscaldamento centralizzato nel periodo del fine settimana;
– può chiedere all’amministratore del condominio di essere autorizzato a chiudere la tubazione che immette nel proprio appartamento. In questo caso, se dimostra che il distacco del suo impianto da quello centrale determina un risparmio nella spesa per l’acquisto del combustibile, potrà beneficiare di una conseguente riduzione della percentuale dei costi di esercizio (da determinarsi caso per caso).
Anche chi si è distaccato dall’impianto partecipa al ripristino del riscaldamento centrale?
Sì, anche il condomino che si sia distaccato dall’impianto di riscaldamento centralizzato deve concorrere alle spese per i lavori di ripristino, in quanto è sempre comproprietario dell’impianto, e conservare il relativo diritto di voto. I lavori di ripristino o adeguamento devono essere approvati dall’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e la metà del valore dell’edificio così come disposto dall’art. 1136 c.c., in presenza di opere di riparazione e adeguamento di notevole entità. In presenza di opere più modeste, in seconda convocazione, è sufficiente la maggioranza di cui al terzo comma dell’art. 1136 c.c.: un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio.

Come procedere per l’isolamento termico del proprio appartamento?
Il condomino che intenda migliorare l’isolamento termico può eseguire l’opera a norma dell’art. 1102 c.c. Tuttavia, non deve essere leso il decoro architettonico dell’edificio. A tal fine occorre valutare caso per caso il tipo di finestra, in relazione al tipo di fabbricato: non deve cioè essere danneggiato nel suo insieme l’equilibrio delle linee costruttive e architettoniche dell’edificio.

 

Le spese nel condominio

Come si ripartiscono le spese per la pulizia e l’illuminazione delle scale?
Le opere di pulizia delle scale sono da configurare come opere di manutenzione. La relativa spesa va ripartita in base all’art. 1124 del Codice, e cioè per metà in ragione del valore dei singoli piani e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ciascuno piano dal suolo. Il proprietario dell’appartamento a pian terreno, in quanto non usa le scale, è esente dalla spesa. Anche le spese per l’illuminazione delle scale vanno ripartite con lo stesso criterio.

Anche l’autorimessa paga per le scale?
Ogni condomino è tenuto a concorrere alle spese di un impianto condominiale in quanto abbia la possibilità di usarlo. In particolare, la spesa di manutenzione e riparazione delle scale è da porre a carico dei proprietari di piani a cui le scale servono. Pertanto, se l’autorimessa è in comunicazione con i piani sovrastanti tramite le scale, il proprietario deve contribuire alle spese. Altrimenti, non è affatto obbligato.

Quali sono i criteri di ripartizione delle spese?
L’art. 1123 c.c. prevede tre principi di ripartizione di ordine generale:

– criterio di riparto in misura proporzionale al valore delle singole proprietà;
– criterio di riparto in proporzione all’uso;
– criterio di riparto in base alla destinazione esclusiva.
A questi seguono, nel Codice, gli articoli 1124, 1125 e 1126, che prevedono altri tre criteri specifici di ripartizione. Per fare chiarezza sulle spese, è opportuno distinguere tra i beni costituenti l’ossatura del condominio e i servizi. I beni che costituiscono l’immobile, come il suolo, le fondamenta, i muri maestri, i tetti, i lastrici solari e tutte le altre parti dell’edificio destinate all’uso comune, debbono essere tenuti in buono stato dai condomini, grazie a spese di denaro ripartite in base ai millesimi dì proprietà, cioè in base alla quota di partecipazione alla proprietà del bene comune. Per quanto riguarda i servizi, invece, quattro gruppi di spese devono essere ripartite secondo l’uso: il riscaldamento centralizzato, l’ascensore, la manutenzione e la ricostruzione delle scale, i lastrici solari di uso esclusivo. In questi casi, a integrare le legge subentrano i regolamenti condominiali, che fissano tabelle millesimali per ognuno di questi servizi. Vari altri servizi, come l’acqua calda e fredda, la rotazione sacchi spazzatura, sono da ripartirsi o in base a contatori, o in base al numero delle persone che ne usufruiscono.

Le norme del codice in materia di spese sono derogabili?
I criteri di ripartizione delle spese, fissati dagli articoli 1123, 1124, 1125 e 1126 c.c., sono derogabili. Ciò significa che tali disposizioni possono essere cambiate da un regolamento condominiale di natura contrattuale. In questo caso l’amministratore dovrà attenersi al regolamento. Se, invece, a dettare i criteri di ripartizione fosse il regolamento assembleare, esso non potrà mai derogare ai principi fissati dal Codice.

Come si suddividono le spese voluttuarie?
Le innovazioni di tipo voluttuario, come l’installazione di un impianto di irrigazione automatico e computerizzato, devono essere approvate dai 2/3 del valore millesimale e dalla maggioranza dei condomini. Il Codice civile, però, prevede la possibilità che tali spese siano a totale carico di chi intenda sostenerle. Infatti, l’art. 1121 c.c. così recita: “Qualora l’innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all’importanza dell’edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa. Se l’utilizzazione separata non è possibile, l’innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l’ha deliberata o accettata intenda sopportare integralmente la spesa. Nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera”.

Quali i criteri per la suddivisione delle spese per la fossa biologica?
Le spese per lo svuotamento della fossa biologica vanno ripartite in base al primo comma dell’art. 1123 c.c., cioè in base ai millesimi di proprietà di ciascuno.

Come ripartire gli oneri per le fognature?
Le spese per l’allacciamento all’impianto centrale di fognatura, cioè la costruzione di nuovi canali di scarico, (come quelle per la sostituzione dell’impianto), vanno ripartite in misura proporzionale ai millesimi di proprietà delle singole unità immobiliari (Corte di Cassazione n. 5331/79).

A chi compete la spesa per il cancello elettrico?
È’ applicabile la disciplina dell’art. 1120 del Codice civile. Si tratta di innovazione diretta al miglioramento o all’uso più comodo delle cose comuni. Pertanto, anche i dissenzienti devono pagare. Se il cancello non viene utilizzato da tutti i condomini, neppure indirettamente, (come si verifica, ad esempio, con il passaggio dell’autocisterna per la fornitura del combustibile che serve tutto il condominio o del camion per la raccolta dei sacchi dei rifiuti), il dispositivo di apertura a distanza del cancello deve essere pagato dai proprietari dei box, gli unici a servirsene. Se viceversa tutti i condomini, anche indirettamente attraverso la gestione dei servizi condominiali, utilizzano il cancello, la spesa va ripartita pro-quota millesimale.

Come si suddivide il costo per il lastrico solare?
L’onere della manutenzione del lastrico solare dovrebbe ripartirsi fra tutti i condomini, proporzionalmente alla quota millesimale di ciascuno, quando esso sia di proprietà e di uso condominiali. Quando invece sia in uso esclusivo di uno o più condomini, questi (art. 1126 c.c.) partecipano per un terzo alla spesa; i restanti due terzi gravano pro quota su tutti i condomini (compresi quelli che ne hanno l’uso esclusivo) cui il lastrico serve di copertura.

Può un condomino rifiutarsi dì pagare le spese?
No. Ogni singolo condomino è titolare del diritto di proprietà sulle parti e sui servizi comuni. Da questo deriva l’obbligo, per ciascuno, di contribuire alle spese per la loro conservazione, il loro godimento e la loro gestione. Questo diritto di proprietà è strettamente legato al diritto reale sulla singola porzione immobiliare. Infatti, l’art. 1118 c.c, secondo comma, stabilisce che il condomino non può, rinunciando al diritto sulle cose comuni, sottrarsi al contributo delle spese per la loro conservazione”. L’obbligo di contribuire alle spese prescinde dall’uso concreto che i condomini fanno dei servizi comuni (Cassazione 28/5/73. n. 1585).

L’appartamento vuoto partecipa alle spese per i servizi, come la pulizia e l’illuminazione della scala?
Sì. Il proprietario non ha diritto ad alcuna riduzione della spesa a suo carico. La spesa viene determinata conformemente all’art. 1123 c.c., primo comma: Le spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salva diversa convenzione. È pertanto irrilevante la circostanza che l’appartamento sia disabitato.

Anche il proprietario del box/garage partecipa alle spese?
Il proprietario di box per auto è un partecipante del condominio, anche se non possiede altre proprietà nell’edificio. Ciò significa che lo stesso dovrà partecipare a qualsiasi spesa di ricostruzione parziale o totale dell’edificio, in base al principio della comproprietà e in proporzione alla rispettiva quota di comproprietà.

E’ giusto che l’acquirente paghi le spese non saldate dal vecchio proprietario?
L’art. 63 disp. att. c.c. recita che: “chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidamente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. In caso di mora nel pagamento dei contributi, che si sia protratta per un semestre, l’amministratore, se il regolamento di condominio ne contiene l’autorizzazione, può sospendere al condomino moroso l’utilizzazione dei servizi comuni che sono suscettibili di godimento separato. Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore può ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, nonostante opposizione.

Il coniuge cointestatario di una proprietà, non convivente, deve pagare le spese di manutenzione straordinaria di un immobile che non utilizza direttamente?
Constatato che la questione dell’abitazione riguarda i rapporti interpersonali tra coniugi separati e non il diritto di proprietà, l’amministratore può rivolgersi al comproprietario per riscuotere direttamente le sue quote, anche se egli non abita nell’appartamento.

Domanda di un utente: “Da più di un anno, con assemblee condominiali regolari, si è deciso di procedere al rifacimento dei tetti dello stabile dove abito (in un appartamento di mia proprietà). Dopo approvazioni di preventivi, sopralluoghi, rinvii per motivi vari, si è stabilito di far cominciare i lavori a fine agosto ma a tutt’oggi ancora non si vede l’ombra di un operaio, mentre l’amministratore continua a chiedere il pagamento delle bollette straordinarie (che abbiamo cominciato a pagare da un anno!) per cifre anche consistenti. Posso rifiutarmi di continuare a pagare anche se i lavori sono stati approvati dall’assemblea? Posso pretendere il rimborso di quanto pagato se i lavori non vengono eseguiti entro un certo periodo? Posso declinare eventuali responsabilità condominiali derivanti da minaccia di denuncia dei condomini degli ultimi piani per infiltrazioni di acqua nei soffitti?”
La delibera assembleare che approva l’esecuzione dei lavori di manutenzione è sovrana e l’amministratore deve eseguire puntualmente quanto deliberato. Il denunciato ritardo nell’inizio dei lavori può dipendere da varie motivazioni e il condomino ha diritto di conoscere dall’amministratore le motivazioni del ritardo ed ottenere anche una copia del contratto di appalto sottoscritto, al fine di controllare i tempi di esecuzione del contratto stesso (inizio e fine lavori) e valutare l’eventuale esistenza di responsabilità.

Domanda di un utente:  “Un condomino della nostra palazzina ha deciso cambiare il cancello di entrata dell’edificio. E lo ha fatto. La decisione non è stata presa in assemblea. Questo è legale? Questo condomino giustifica la legalità dicendo che non chiede a nessuno il rimborso spese, le spese sono tutte a suo conto. Ma si può decidere unilateralmente?”
Ciascun condomino può apportare innovazioni alle cose comuni a condizione che si faccia carico esclusivo dell’onere della relativa spesa, non ne alteri la loro destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne uguale uso secondo il loro diritto.

Domanda di un utente:  “Buon giorno si sta provvedendo ad adeguare l’impianto tv condominiale per poter avere la ricezione dei nuovi canali che prossimamente si riceveranno solo in maniera digitale. Vi chiedo, le spese sono a carico del proprietario dell’appartamento o l’inquilino è tenuto a pagare in proprio?”
L’art. 1576 c.c. prevede, come criterio generale, che il locatore debba eseguire tutte le riparazioni necessarie, ad eccezione di quelle di piccola manutenzione, che sono invece a carico del conduttore. Tutte le spese ordinarie sono quindi a carico dell’inquilino, mentre il proprietario è tenuto solo ad intervenire in caso di manutenzione straordinaria. L’adeguamento dell’impianto di antenna condominiale, non costituisce un intervento di manutenzione ordinaria, ma straordinaria ed in quanto tale è a carico del locatore.

Domanda di un utente:  “Nel condominio in cui abito sono comparse delle crepe nei muri di alcuni appartamenti. Anche se nessuno l’aveva segnalato ufficialmente, le crepe erano presenti già da qualche anno. Il costruttore dice che sono crepe di assestamento. L’immobile ha 8 anni. Le spese di sistemazione di queste crepe, secondo l’amministratore, sarebbero a nostro carico. Siccome l’immobile ha meno di 10 anni, potrebbero essere a carico del costruttore?”
L’azione per ottenere il risarcimento dei danni nei confronti del costruttore- venditore dell’edificio a seguito dei gravi vizi e difetti occulti presenti nelle parti comuni dell’edificio spetta sia all’amministratore del condominio che ai singoli condomini che hanno acquistato l’immobile. L’art. 1669 del c.c. definisce gravi difetti tutte le deficienze costruttive che incidono sulla funzionalità e sull’abitabilità dell’immobile e che comportano un pericolo che deve essere denunziato, a pena di decadenza dall’azione, entro un anno dalla sua scoperta. Venendo al quesito posto è importante la distinzione tra crepe di assestamento e fessurazioni dovute a difetti costruzione: nel primo caso trattasi di oneri da porre a carico dei singoli condomini, nel secondo caso il costruttore deve intervenire per effettuare le necessarie riparazioni a condizione che la denunzia sia stata fatta entro l’anno dalla scoperta.

Domanda di un utente:  “Abito in un piccolo condominio (8 appartamenti disposti su due piani, suddivisi in due scale). Da qualche tempo, in una delle due parti del condominio, alcuni canali e alcune gronde hanno iniziato a perdere acqua. L’acqua inzuppa la zona vicina alle gronde e poi scende nel balcone sottostante e arriva al pian terreno. Come ci dobbiamo comportare? Siamo in attesa di un preventivo ma da un primo controllo visivo sembra che, per esempio, il canale che dal tetto arriva a terra abbia una giuntura e che una delle due parti sia troppo corta e quindi quando piove forte esce l’acqua. Sembra che le giunture non siano state saldate bene. L’immobile ha circa 7 anni. I lavori potrebbero essere coperti dalla garanzia dell’immobile? Altrimenti come dovrebbero essere ripartiti i costi della riparazione?”
Le gronde sono dei canali orizzontali di raccolta dell’acqua che confluiscono in canali verticali detti pluviali, esse sono parti integranti del tetto e rappresentano una struttura che svolge una funzione necessaria all’uso comune dell’edificio. La grondaia, quindi, rientra nella parti comuni ai sensi dell’art 1117 del codice civile, con la conseguenza che tutti i condomini dovranno partecipare al pagamento delle spese per le dovute riparazioni. Nell’ipotesi, poi, che un perito accerti l’esistenza di vizi e/o gravi difetti delle grondaie, l’appaltatore deve considerarsi responsabile, poiché si è in presenza di vizi e/o gravi difetti occulti. La scoperta deve avvenire entro il termine del decennio dalla costruzione, mentre il termine per la denunzia e per l’azione deve avvenire entro l’anno dalla scoperta.

 

Spese e amministrazione di condominio

Quando un condòmino può effettuare il controllo delle fatture?
Il controllo dei documenti comprovanti le spese sostenute per la gestione del condominio deve essere effettuato prima dell’assemblea, cioè prima dell’approvazione del bilancio. Infatti, una volta che il bilancio consuntivo sia stato approvato con la maggioranza prescritta dalla legge, l’amministratore non è tenuto a sottoporre all’esame dei singoli condomini i documenti giustificativi delle spese effettuate per ottenere il pagamento delle somme risultanti dal bilancio stesso (Cassazione n. 3402/81 depositata il 23 maggio 1981). Qualora l’amministratore non esibisca i documenti a seguito di richiesta effettuata nei tempi opportuni (è d’uso nei cinque giorni antecedenti l’assemblea), potrà essere tenuto a indennizzare i condomini per gli eventuali danni contrattuali.

Conguaglio: anche chi contesta deve pagare?
Dopo l’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea, tutti devono pagare il conguaglio, cioè la differenza fra quanto versato in anticipo, sulla base del preventivo esaminato nell’assemblea dell’anno prima, e la propria quota parte delle spese effettivamente sostenute. Anche chi è contrario al bilancio, e vuole ricorrere alle vie legali, deve sborsare la differenza, salvo poi recuperare il dovuto se il giudice gli darà ragione. Nel case di sostituzione dell’amministratore, il conguaglio va corrisposto al nuovo professionista incaricato.

È giusto che l’amministratore applichi gli interessi di mora per i pagamenti effettuati in ritardo?
L’amministratore, nel caso di ritardato pagamento delle spese condominiali, può applicare quanto fissato nel regolamento di condominio circa la sanzione pecuniaria. Gli interessi di mora nella misura massima del 3,5% (che corrisponde al tasso legale in vigore dal 01.01.2001) debbono, se applicati, essere pagati.

Qual è la procedura più rapida per il recupero dei crediti?
Sotto il profilo giuridico, la procedura monitoria (procedimento di ingiunzione) è senz’altro il mezzo più rapido per ottenere il riconoscimento di un diritto di credito e il titolo necessario per procedere esecutivamente nei confronti del debitore. L’alternativa è costituita da un giudizio ordinario di accertamento e condanna, più lungo e oneroso.

Che cos’è il contratto di appalto e perché viene considerato utile?
L’appalto è un contratto che il condominio deve imparare a sfruttare quando vuole dar corso a interventi edilizi di apprezzabile entità economica, come quelli di manutenzione straordinaria, di ristrutturazione, di restauro, di riparazione degli impianti. Ma può diventare utile anche per la gestione di servizi comuni, come quelli di pulizia scale o addirittura di più edifici riuniti in un supercondominio, di scarico delle fosse biologiche, per la gestione dei riscaldamento ecc. Il contratto di appalto consente al condominio di essere esonerato da ogni responsabilità amministrativa, civile e penale per la non perfetta esecuzione dell’opera, (appositi articoli nel contratto prevedono di solito quali sono le regole che l’appaltatore deve rispettare). Inoltre viene sempre nominato un direttore dei lavori (di solito l’amministratore o un tecnico di sua fiducia) con il compito di controllare la perfetta esecuzione delle opere. Ma anche sul fronte del diritto del lavoro e delle norme previdenziali, il condominio viene tutelato. Se, per esempio, è stato stipulato un contratto d’appalto e un operaio addetto ai lavori si infortuna, oppure non è stato assunto regolarmente, nessuna responsabilità compete all’amministratore a livello penale. E nessuna sanzione economica per questi fatti illeciti può essere scaricata sulle spalle dei proprietari degli appartamenti.

 

Varie ed eventuali

Quanti tipi di regolamento esistono?
Esistono due tipi di regolamento condominiale:

a) il regolamento contrattuale o esterno (cioè non emanato dall’assemblea), che può essere:
– preliminare alla costituzione del condominio,
– predisposto dall’unico proprietario dell’edificio (di solito l’impresa costruttrice),
– espressamente citato negli atti di vendita delle singole unità immobiliari (rogiti di acquisto);
– approvato all’unanimità dall’assemblea dei condomini.
Questo regolamento, oltre all’esposizione dei diritti e degli obblighi dei singoli, secondo quanto dettato dal Codice civile, può prevedere particolari limitazioni ai diritti dei singoli condomini. Tale regolamento può essere modificato solo con voto unanime di tutti i condomini (Cassazione 8.2.1975, n. 506) e l’impugnazione non è consentita al singolo condomino (Tribunale di Foggia 4.5.1965).
b) il regolamento di emanazione assembleare o interno. La sua approvazione spetta all’assemblea, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti (cioè la metà più uno) e almeno la metà del valore dell’edificio (500/1000). Il regolamento così approvato può essere impugnato dal condomino dissenziente, entro 30 giorni dalla delibera o dalla comunicazione dell’avvenuta delibera (per gli assenti), ricorrendo al giudice.
L’assemblea può modificare il regolamento di condominio interno con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno i 500/1000.
La chiusura di una terrazza intacca i millesimi?
La chiusura di terrazze con strutture fisse a vetri non dà luogo alla revisione delle tabelle millesimali (art. 69 delle disposizioni di attuazione del Codice civile). Infatti la revisione può avere corso solo in presenza di una notevole alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano.

Quando l’amministratore è obbligatorio?
Se il numero dei condomini è superiore a quattro, l’assemblea di condominio deve nominare un amministratore (art. 1129 c.c.). Se l’assemblea non vi provvede, la nomina viene fatta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini. Qualora, soprattutto per i nuovi stabili, non sia stato ancora designato l’amministratore, si può, provvisoriamente, dare mandato a un amministratore o a un condomino, a svolgere alcune funzioni: recupero delle rate di spesa e pagamento delle bollette, gestione dell’impianto di riscaldamento ecc. Nulla vieta che venga nominato un amministratore anche quando i Condomini siano in numero di quattro o meno di quattro.

Che cosa accade quando il condominio cambia l’amministratore?
Quando l’amministratore viene revocato o non confermato deve restituire immediatamente tutta la documentazione in suo possesso in modo da non intralciare la gestione del condominio. I documenti da consegnare sono molti:

– i giustificativi di spesa (fatture, parcelle, quietanze, versamenti, tasse e contributi vari) degli ultimi cinque esercizi (dieci per i documenti lNPS);
– le mappe catastali degli impianti elettrici e idraulici del condominio;
– le copie degli atti di proprietà degli appartamenti (rogiti) o almeno l’elenco ufficiale dei condomini;
– i contratti per la fornitura di acqua, luce e gas e quelli assicurativi;
– il certificato di attribuzione del Codice fiscale e di prevenzione incendi;
– il libro verbale delle assemblee;
– il registro delle entrate e delle uscite, oltre alla cassa, naturalmente;
– la documentazione dell’ascensore;
– la corrispondenza e i documenti relativi ai contenziosi giudiziari;
– i contratti ancora in corso;
– gli estratti conto e gli assegni del conto corrente condominiale;
– i contratti dei locali comuni concessi in locazione.
Qualora l’amministratore ritardi nel consegnare questa documentazione, il condominio si può rivolgere al pretore, che con un provvedimento d’urgenza ordina la restituzione immediata dei documenti. I condomini, qualora subissero dei danni dalla non tempestiva consegna, possono costituirsi parte civile e chiederne il risarcimento. L’amministratore in quanto mandatario, infatti, non ha alcun diritto di trattenere la documentazione, neppure se, per ipotesi, fosse creditore del condominio, dato che i documenti sono privi di valore commerciale e quindi inidonei a soddisfare un credito (Tribunale di Milano sentenza, ottava sezione, n. 10586 del 12.12.1991).

Quali accortezze bisogna avere quando si nomina l’amministratore?
Prima di nominare un amministratore, un condomino accorto deve tenere conto di una serie di fattori. Bisogna innanzitutto ipotizzare la mole di lavoro che la gestione amministrativa del condominio comporta (i condomini di 10 alloggi presentano una difficoltà digestione ben minore di quelli di 50). Poi è necessario pretendere che l’amministratore esponga in maniera chiara la sue richieste economiche, redigendo un preventivo di massima, in base alle spese che il condominio andrà presumibilmente ad affrontare. Occorre inoltre ipotizzare e contrattare con l’amministratore il giusto compenso, magari in base al tariffario di categoria. Ciascun condominio ha il diritto di contrattare l’onorario con il proprio amministratore, anzi la contrattazione dovrebbe essere d’obbligo, giacché la parcella salata non è detto sia una garanzia di professionalità. Non si deve però incorrere nell’errore di chiedere compensi bassi “a tutti i costi”. Nessuno, infatti, lavora gratis. E se anche ci sono amministratori onesti, che pretendono bassi compensi, sicuramente sono molti gli amministratori che applicano rincari incontrollati sui lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione appaltati a terzi.

Come ci si può opporre ai provvedimenti dell’amministratore?
Contro i provvedimenti adottati dall’amministratore ciascun condomino può ricorrere alternativamente all’assemblea o al giudice, entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento, quando il provvedimento stesso sia contrario alla legge o al regolamento di condominio o alle decisioni dell’assemblea (art. 1137 c.c.).

E’ ammesso dare deleghe all’amministratore?
Le deleghe all’amministratore sono valide a meno che non insorga un conflitto d’interessi. Il caso più frequente ove si evidenzia un conflitto d’interessi si rivela in sede di approvazione del rendiconto, ove il controllato (amministratore) non può essere anche controllore (per conto del condomino delegante) di sé stesso; il condomino, però,ò può rilasciare all’amministratore una delega scritta aggiuntiva, ove dichiara di approvare il rendiconto.

Quali sono i comportamenti che qualificano un buon amministratore?
Il buon amministratore è colui che:

ottempera agli obblighi di legge, amministra correttamente e salvaguarda l’immobile affidatogli, è disponibile, qualora venga interpellato, in virtù delle conoscenze acquisite e potendo disporre di tecnici qualificati, suoi abituali consulenti, ad aiutare le parti in lite a trovare un accordo ragionevole, sia corretto sia nei rapporti con i Condomini che in quelli con gli inquilini;
sia sollecito nel risolvere i problemi segnalati, in virtù anche dei poteri conferitigli dalla legge (cioè, non temporeggi faziosamente nel risolvere i problemi, al fine di soddisfare quei condomini, spesso la maggioranza, che pur limitando i diritti dei singoli sulla cosa comune o sul buon funzionamento della cosa comune, intendono procrastinare la spesa), apra un conto corrente condominiale su cui versare gli importi delle rate.

Ci sono previsioni speciali se nell’edificio abita un portatore di handicap?
La legge 13/89 per l’abbattimento delle barriere architettoniche consente la realizzazione di un nuovo impianto di ascensore con maggioranze speciali. Con un a recente sentenza, il Tribunale di Milano ha poi stabilito che queste norme più favorevoli valgono anche quando nello stabile non c’è alcun portatore di handicap. L’installazione dell’ascensore quindi, può essere deliberata, in prima convocazione, dalla maggioranza dei partecipanti all’assemblea in rappresentanza di almeno 500 millesimi. In seconda convocazione sì scende a un terzo (di presenti e di millesimi). Per i giudici milanesi la legge sulle barriere architettoniche vuole favorire l’accesso negli edifici da parte degli handicappati, eliminando gli ostacoli che impediscono o limitano la loro deambulazione. Pertanto per il solo fatto che ipoteticamente, in uno stabile può recarsi anche chi ha un handicap, si possono sfruttare le norme di maggior favore (ed eventualmente, se esistente, chiedere al Comune un contributo a fondo perduto perché il portatore di handicap abbia effettiva, stabile e abituale dimora nell’edificio). Si tratta, dunque, di un visione diversa da quella finora avuta, che inquadra l’installazione degli ascensori tra le innovazioni dirette al miglioramento e all’uso più comodo del bene comune. Per queste, infatti, è richiesta una maggioranza che rappresenti almeno i due terzi del valore dell’edificio (667/1000) e la maggioranza dei partecipanti al condominio.

Chi ha il box/garage paga anche l’ascensore?
L’impianto di ascensore è considerato normalmente di proprietà condominiale e quindi tutti i condomini, anche se proprietari soltanto di box o di negozi (che quindi normalmente non utilizzano l’impianto) sono comproprietari. Di conseguenza le operazioni di adeguamento e di conservazione di un bene comune devono essere ripartite tra tutti. Se dal rogito o dal regolamento condominiale emerge che l’ascensore non è di proprietà comune, il proprietario del box si può esimersi dal pagamento della quota.

Chi deve pagare le spese di rifacimento, adeguamento e manutenzione dell’ascensore?
Il riparto delle spese che si riferiscono ai beni comuni può essere derogato in base ad accordi tra i proprietari. Se esiste un regolamento contrattuale (allegato o richiamato in tutti i singoli atti d’acquisto) che prevede, per la manutenzione dell’ascensore, il concorso di tutti i condomini, compresi quelli abitanti al piano terreno, in base ai millesimi di proprietà, questa clausola ha valore a tutti gli effetti (Cassazione n. 6499 del 1986). Secondo i giudici (Cassazione n. 5479/91. Cassazione 3514/69, Tribunale di Bologna 357/86) tutte le spese che riguardano l’ascensore devono essere ripartite in proporzione all’altezza dei piani e del valore delle porzioni di piano, così come prevede l’art. 1124 del Codice civile per la manutenzione e ricostruzione delle scale. Quindi per il 50 per cento in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano e per l’altro 50 per cento in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo. Solo le spese per l’installazione dell’impianto devono essere suddivise guardando ai millesimi di proprietà.

In quali casi le delibere assembleari sono annullabili?
Le delibere annullabili sono tutte quelle che presentano vizi formali per: inosservanza del regolamento di condominio, inosservanza delle regole dettate dal Codice civile sulla cosa comune e sul condominio, invadenza dei compili esclusivi dell’amministratore, pregiudizio all’uso delle cose e dei servizi. Ecco alcuni esempi di delibere annullabili:

– delibera assunta dall’assemblea nonostante l’assenza di condomini convocati in ritardo. Si deve infatti consentire a ciascun condonino di conoscere la data di convocazione dell’assemblea con almeno 5 giorni di anticipo o nei tempi e con le modalità stabiliti dal regolamento o in assenza di questo dalla legge. L’assemblea non è annullabile se i condomini che hanno ricevuto l’avviso di convocazione in un tempo inferiore ai 5 giorni previsti vi partecipano ugualmente;
– delibera adottata nel corso della seconda convocazione, indetta nello stesso giorno della prima (Cassazione n. 989 del 15.2.1979);
– delibera che imputi, (proporzionalmente alla rispettiva quota millesimale), le spese di illuminazione del cortile e delle scale, le spese di imbiancatura delle scale, la tassa sul passo carrabile, anche ai proprietari di negozi al pian terreno (Cassazione n. 1726 del 4.7.1966);
– delibere che violino il regolamento di condominio;
– deliberazioni contrarie ad alcune norme di legge (es. attivazione del riscaldamento oltre la durata prevista dalle competenti autorità);
– delibere che trattano materia di esclusiva pertinenza dell’amministratore (materia ben individuata dal Codice civile);
– delibere su argomenti non compresi nell’ordine del giorno della convocazione.

Che cosa si deve fare per annullare una delibera?
Se una delibera è annullabile perché contraria alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente, che ha votato contro la delibera, o assente, può fare ricorso, entro 30 giorni, all’autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità stessa (art. 1137 c.c.). I 30 giorni decorrono dalla data della delibera per i dissenzienti, dalla data di comunicazione per gli assenti, sotto pena di decadenza. Il condomino astenuto, secondo una sentenza della Corte di cassazione del 25/7/1988, non ha diritto a ricorrere in quanto, se fosse stato contrario, avrebbe dovuto dissentire in maniera palese. L’impugnazione deve avvenire con atto di citazione presso il giudice competente per territorio e per valore.

Quando invece le delibere sono nulle?
Sono assolutamente nulle, cioè inesistenti, le delibere prive dei requisiti essenziali o contrarie alla legge. Queste possono essere impugnate dal condomino in giudizio in qualunque momento. Ecco alcuni esempi di delibere nulle:

– mancata convocazione di uno o più condomini;
– delibere adottate con maggioranza diversa da quella prescritta dalla legge;
– delibere mancanti di oggetto;
– delibere aventi oggetto illecito o impossibile;
– delibere effettuate su argomenti non di pertinenza dell’assemblea;
– delibere non di ordinaria amministrazione, effettuate però alla voce “varie ed eventuali” (Tribunale Napoli 8.2.1961);
– delibere riguardanti la suddivisione delle spese di riscaldamento secondo i millesimi delle singole proprietà;
– delibere in cui, a semplice maggioranza, l’assemblea ha deciso di non riattivare l’esercizio del riscaldamento (Tribunale di Torino 7.6.1950);
– delibere assembleari che abbiano autorizzato il distacco dall’impianto centralizzato, se adottate con una maggioranza inferiore a quella prevista per le innovazioni.

Come ci si deve comportare quando una delibera è nulla?
Nei casi di nullità è opportuno, prima di ricorrere all’autorità giudiziaria, che il condomino faccia presente l’irregolarità all’amministratore, il quale dovrebbe immediatamente riparare all’irregolarità con una nuova assemblea. L’inquilino che non venga convocato, o al quale non sia consentito di deliberare sulle spese di gestione o sulle modalità del servizio di riscaldamento, o reputi le delibere adottate annullabili o nulle, può impugnare la validità dell’assemblea.